Restituita a Firenze il giorno della festa dell’Opera di Santa Maria del Fiore
È l’8 settembre, festa dell’Opera di Santa Maria del Fiore, il giorno in cui si restituisce a Firenze dopo un restauro lungo tre decenni uno dei suoi gioielli più importanti e significativi.
Un’opera che attraverso la sua storia racconta anche quella della città; commissionata direttamente a Lorenzo Ghiberti nel 1425, dopo che lo stesso aveva realizzato la Porta del lato nord. Quest’ultima gli era stata affidata a seguito del concorso del 1401 che lo aveva visto vincitore in competizione con Brunelleschi (le formelle originali del concorso sono conservate al Museo del Bargello).
Un lavoro, quello della Porta, che impegnò il maestro per 27 anni; fu completato nel 1452 da un ormai settantenne Ghiberti che si era avvalso negli anni dell’aiuto di artisti del calibro di Luca della Robbia, Donatello, Michelozzo, Benozzo Gozzoli e Bernardo Cennini oltre che quello dei figli.
Vasari in proposito scrisse: “…la più bella opera del mondo che si sia vista mai fra gli antichi e moderni… ” una dichiarazione che racconta di grande perizia tecnica, di un’evoluzione stilistica eccezionale e di una coraggiosa e vincente capacità di rinnovamento che fece creare a Ghiberti un’opera del tutto originale, che superava le già importanti novità presentate con il lavoro della Porta precedente.
Segno della grandezza dell’artista si, ma anche di come fosse viva, veloce e all’avanguardia l’arte a Firenze in quell’epoca d’oro. Dove grandi maestri si confrontavano in un ambiente ricco di stimoli e scambi.
Fu un successo straordinario, tanto che a quella Porta fu dato il posto d’onore, di fronte all’entrata del Duomo (Paradisum) da cui probabilmente il nome Porta del Paradiso.
Nei secoli, l’opera del Ghiberti si è ben conservata sicuramente anche grazie alla perfezione tecnica con la quale fu realizzata. Nel Settecento solo una questione di “gusto” spinse a verniciare le formelle dorate, non più uniformi, con un tono scuro ed è lo stesso tono scuro che si può riscontrare nelle immagini della prima metà del Novecento.
Le formelle furono smontate una prima volta durante la seconda guerra nel 1943 (per essere nascoste in una galleria ferroviaria) e dopo questo periodo subirono un restauro, forse troppo aggressivo, per poi essere ricollocate al loro posto al Battistero nel 1948.
Durante l’alluvione del 1966 sei delle dieci formelle vennero scaraventate nel fango dalla furia dell’acqua e subirono importanti danni che imposero la decisione di un restauro.
Nel 1990 una copia (manco a dirlo, chiacchieratissima per via di una doratura dall’aspetto fasullo) sostituì la Porta originale già presa in custodia dall’OPD (Opificio delle Pietre Dure) per il restauro. Una copia fusa a Firenze da Aldo Marinelli (Frilli Gallery) che si deve al finanziamento del mecenate giapponese Choichiro Motoyama, imprenditore tessile al quale Firenze ha consegnato nel 2011 le chiavi della città.
Oggi, il restauro epico della Porta del Paradiso, cominciato nel 1978 con il via delle prime campagne di indagini giunge alla fine e se è vero che in questi anni sono state visibili le singole formelle via via che il restauro di ognuna si concludeva, poter vedere la Porta nella sua completezza è cosa totalmente diversa.
Un restauro durato oltre un trentennio, ma non certo per pigrizia se si pensa per esempio che ci sono voluti mesi per smontare le parti della Porta e più di due anni per rimontarlee che nel corso degli anni, sono stati creati strumentazioni e sistemi ad hoc, fatti studi e condotte sperimentazioni in continuo parallelismo con le evoluzioni tecnologiche, tutto perchè fosse possibile riportare alla luce la potente bellezza originale dell’opera del Ghiberti.
Come era già stato annunciato, la Porta non è stata ricollocata nella sede originale al Battistero ma nell’ex cortile, trasformato in sala espositiva, del Museo dell’Opera del Duomo dove starà in attesa del completamento dei lavori di ampliamento del Museo stesso dove la Porta troverà poi sede definitiva, probabilmente affiancata dalle altre due Porte delle quali è stato annunciato l’imminente restauro (Il Progetto Battistero con indagini e monitoraggio delle due Porte è già in corso da alcuni anni).
8 tonnellate di peso, 5,2 metri d’altezza, 3,1 metri di larghezza e 11 centimetri di spessore rinchiusi in una grande teca realizzata secondo le indicazioni dell’Opificio delle Pietre Dure.La teca è necessaria per poter assicurare la corretta conservazione della Portamantenendo un’umidità costante del 20% e dove, in modo innovativo, l’azoto solitamente usato in questi casi è stato sostituito con un sistema ad aria filtrata dalle polveri e dai gas nocivi.
Sebbene negli anni fosse stato sperimentato un sistema con “barriera d’aria” che permetteva di fruire delle singole formelle senza la mediazione di un vetro è statoimpossibile applicare lo stesso sistema alla Porta nel suo insieme.
Per ora dunque, la teca è elemento fondamentale per la conservazione. Chissà che in futuro l’innovazione tecnologica non consenta di avvicinarsi un po’ di più alle Porte del Paradiso.
[Fonte Rivistaunesco.it]