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P-ASSAGGI Di-Vini Lombardia
La Costoletta alla Milanese
Dalle origini ancora oggi controverse (la Milanese “costoletta” oppu-
re l’Austriaca “Wiener Schnitzel“ ?) la costoletta è uno dei piatti più
tipici e conosciuti di Milano.
Una prima somiglianza alla sua ricetta attuale risale al 1134, anno
in cui lo scrittore Pietro Verri in “Storia di Milano” riportò una lista di
vivande proposte in occasione di un pranzo offerto dall’Abate della
Basilica di S. Ambrogio e, fra le portate, scrisse anche dei “Lombos
cum Panitio” (costolette impanate e fritte).
La disputa patriottica sulla titolarità fra Milano e Vienna a metà del
1800 si placò, o meglio si affievolì, quando il Maresciallo Radetzky,
in una lettera indirizzata all’aiutante di campo dell’Imperatore Francesco Giuseppe, descrisse in modo dettagliato la
costoletta alla milanese, affermando di non aver mai mangiato in Austria una pietanza così. A oggi non sappiamo se
questa missiva fu scritta e spedita realmente.
Come chiamarla:
Non chiamatela “orecchio di elefante”! Si tratta infatti di una variante sottile che viene privata dell’osso e consisten-
temente battuta prima della cottura e prendendo il nome dalla forma di grande orecchio che assume.
Costoletta o Cotoletta? Entrambe vanno bene. “Costoletta”: dal taglio di carne utilizzato per la sua preparazione,
vale a dire una fetta di vitello rigorosamente con l’osso della costola;
“Cotoletta”: dall’espressione dialettale “cotulèta” o dal diminutivo della parola francese “cote”, ossia “costola”. Il rico-
noscimento, nel 2008, della De.Co. (Denominazione Comunale) da parte del Comune di Milano, che ha registrato la
ricetta come Costoletta alla Milanese, ha chiarito ogni perplessità in merito alla denominazione.
Caratteristiche: profumo inebriante dato dalla impanatura della lombata e frittura col burro ed
un’ammaliante crosticina dorata. Delizioso il contrasto di consistenze tra l’esterno croccante, e il tene-
ro dell’interno. Cospargere di limone per contrastare la grassezza del fritto con l’acidità dell’agrume.
Lugana Lugana
Questo importante vino bianco si produce a Sud del Lago di Garda,
a cavallo fra Lombardia e Veneto, in un clima costantemente fresco,
mitigato dal Lago e fertili terreni argilloso-calcarei dalla grande
mineralità formatasi dalle glaciazioni di epoche lontanissime che
diedero vita al Lago di Garda.
Questa parte dell’area gardesana è famosa anche per i resti dell’età
del bronzo, con reperti tuttora visibili. Area molto importante, con
testimonianze ancora presenti, anche del periodo romano, in quan-
to era il passaggio naturale tra Est ed Ovest. Il periodo delle Signorie
vede primeggiare in particolare quella della “Scala”, con resti a Sir-
mione (il castello) e a Peschiera del Garda (tracce del castello e della Rocca fortificata).
Curiosità:
Il poeta romano Catullo, originario di Verona e proprietario di una villa a Sirmione le cui rovine sono visibili ancora
oggi, cita nelle sue opere il vino retico, apprezzandone gusto e profumo.
Anche il re dei Goti Teodato era un estimatore del vino prodotto nella zona.
108 Isabella d’Este, in villeggiatura sul Garda, gradì molto l’assaggio delle uve della Lugana.
Il Lugana, con il 50% di produzione destinata all’estero, è il vino lombardo più esportato.
Ogni anno viene eletto il miglior Lugana stagionale e premiato con l’ambita Stella del Garda (le cinque punte
rappresentano i cinque paesi produttori).
Il Vitigno principe è il “Turbiana”, noto anche come Trebbiano di Lugana. La produzione di questa DOC (Denomina-
zione di Origine Controllata) varia dal Lugana, al “superiore”, al “riserva”, al dolce da “vendemmia tardiva” fino allo
“spumante” per gli amanti delle bollicine.
Dal colore giallo paglierino con riflessi verdolini (con l’affinamento il colore tende al giallo dorato) ed
eleganti profumi di fiori bianchi, agrumi, pesche, mele, mandorle, erbe aromatiche, fino a spingersi
alla pietra focaia.
Un vino armonico di media struttura e di grande freschezza.